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Dall’Ufi una monografia dedicata ai telegrammi pubblicitari italiani

La copertina
La copertina

Un campo ancora difficile quello della telegrafia, per certi aspetti poco studiato e caratterizzato da riferimenti bibliografici ridotti. Tanto che persino Poste italiane cade in errore... inventandosi nuovi servizi (nel caso specifico l’anticipazione telefonica), in realtà attivi da decenni.

Un sostegno rivolto a quanti vorrebbero saperne di più, e soprattutto ai tematici, è offerto da “Telegrammi pubblicitari italiani”, monografia dell’Unione filatelisti interofili dovuta ad Enrico Bertazzoli, Paolo De Magistris e Carlo Sopracordevole (224 pagine a colori, 36,00 euro).

Non si occupa di normative ma repertoria e illustra i modelli utilizzati nel tempo per riportare, accanto alla comunicazione del mittente, consigli con cui promuovere prodotti, spettacoli, fiere, lotterie, alberghi.

Tutte le versioni esistenti? Difficile dirlo, perché -al contrario di francobolli ed interi- mancano dati ufficiali. Però, confermano gli autori, reduci da anni di ricerche, ragionevolmente sì, soprattutto per il Regno: il sistema venne impiegato tra il 1933 e il 1938 ed ora sono stati individuati 127 tipi e 5 varietà. Contrariamente a quanto si potrebbe credere, gli stampati della Repubblica (che li utilizzò fra il 1951 e il 1960) sono meno comuni: lo sviluppo delle comunicazioni telefoniche ridusse decisamente l’importanza dei telegrammi e, di conseguenza, l’interesse delle aziende a trasformarli in vettore promozionale. Per il periodo sabaudo, oltre al modello 30, che arrivava al destinatario, è considerato anche il 25, impiegato dal mittente per presentare allo sportello la richiesta.

Sfogliando il lavoro, emergono degli elementi che potrebbero interessare anche chi si occupa di sociologia e comunicazione. Da una parte lo stile dei messaggi pubblicitari, decisamente lontano da quello attuale, con richiami roboanti (persino nei nomi dei prodotti, come la benzina “Victoria” o l’auto “Ardita”) e spesso con l’impiego dell’imperativo (“Badate alla croce Bayer”, “Bevete un Cinzanino”). Stile che diventa pressante all’epoca dell’autarchia, quando si sostengono il riso, “l’alimento più sano, più nutriente, più elegante”, o “Robur il «nostro» carburante” che “contiene il 52% di prodotti italiani”. Sostanzialmente immutato dopo il conflitto, in cui -sia pure in un clima più soft- si promuovono anche i soggiorni a Sanremo e il Totip. Ma dove si mostra onnipresente l’Olivetti, impegnata a propagandare soprattutto la propria addizionatrice scrivente “Summa 15”.

L’altro aspetto interessante, e certo non esaustivo, è dato dalla lettura dei messaggi, perché i moduli sono essenzialmente usati. Sempre... telegrafici, ma che spaziano, andando dalle relazioni commerciali (“Ricevuto lettera Farrovvi rimessa 25 Fatemi spedizione come precedente”) ai rapporti familiari (“Salute ottima arriverò sabato ore 21 baci = babbo”), dagli immutabili “attendo ansiosamente notizie baci” o “Buona Pasqua abbracci” al semplice “happy birthday”, spiegabile perché lo speditore era a Los Angeles.

Il materiale è valutato principalmente in funzione della tiratura (almeno per la fase prebellica, poiché dichiarata sugli stessi moduli), con gradini che vanno da 2,00 a 50,00 euro. Si tratta -viene precisato- di una stima “per ora provvisoria, in attesa che si formi un mercato consolidato”.

Una pagina interna, che propone un inconsueto modulo non usato
Una pagina interna, che propone un inconsueto modulo non usato



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