Troppo inglese nella vita quotidiana. A segnalarlo è l’associazione Allarme lingua, che attraverso il suo direttore, Mario D’Alessandro, ha diffuso una lettera aperta diretta ai ministri agli Esteri, Massimo D’Alema, e Pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni.
Persino negli uffici postali -è il concetto fatto proprio dal sodalizio- la lingua di Dante è spesso dimenticata, sostituendo ai corretti termini in italiano, che pure esistono, quelli in qualche altro idioma.
Prima di andare in un ufficio postale –si legge nel rilievo- occorre seguire un corso accelerato di inglese, “piuttosto complicato per i tanti anziani pensionati” che si recano agli oltre 8mila sportelli distribuiti lungo la penisola per ritirare il vitalizio mensile. Alcune direttive di Poste italiane, infatti, “introducono negli uffici indicazioni come business, postepay, poste shop, postedays, posteoffice, marketing, shopping, e denominazioni come chief financial office o president senior e così via per indicare gli incarichi dei responsabili di organismi e servizi”.
Anche il settore che segue i collezionisti non è immune: la divisione filatelia della società è ora pomposamente definita “business unit philately”.
Va poi rilevato che il fenomeno si inserisce in un ambito più ampio, dove il francobollo, vettore di comunicazione e cultura, è scomparso in favore degli anonimi prioritari e delle “tp label”.