Il rapporto con i grandi utenti -prosegue il direttore del Cpo-Cpd dell’Aquila, Corrado Romano, intervistato da «Vaccari news»- viene riallacciato subito dopo il 6 aprile, perché è il più facile. “La frequentazione è quotidiana e abbiamo dovuto soltanto adeguarci, quando necessario, alle nuove richieste dettate dalla situazione”.
Il problema è invece con gli abitanti, soprattutto dove si sono registrate le principali distruzioni. Tanti sono stati costretti a spostarsi: hanno raggiunto parenti ed amici, magari sono rimasti in zona, oppure si sono trasferiti sulla costa. Nelle frazioni il portalettere conosce personalmente i residenti, ha il polso della situazione, sa come muoversi. Diverso è l’approccio nella città: tutto il nucleo storico, organizzato in ben quaranta zone di recapito, è stato dichiarato «zona rossa», cioè risulta chiuso al pubblico. Diventa problematico rintracciare le persone, tanto che al centro postale rimane giacente parecchio materiale, in attesa che il destinatario si presenti. Le stesse cassette postali sono state svuotate in ritardo (tre-quattro giorni nel capoluogo) anche perché, per raggiungerle, occorreva essere scortati dai vigili del fuoco.
A proposito di cassette, tutte quelle nell’area vietata non sono più utilizzabili. Alcune sono state chiuse in quanto collocate vicino a punti pericolosi; altre ancora sono state spostate nei pressi dei flussi di persone (come all’ingresso delle tendopoli) o dove adesso vengono venduti i francobolli.
Uno dei lavori più impegnativi è risultato, dunque, individuare le persone... “Abbiamo dovuto registrare gli spostamenti e censire gli ospiti dei campi; in funzione dei risultati, riorganizzare il recapito. Prevedendo una specie di «Seguimi» gratuito, per cui tutta la corrispondenza destinata ad un certo indirizzo, su richiesta del diretto interessato, viene automaticamente deviata al nuovo recapito. Sono state 37mila le richieste ricevute”.