Era prevedibile: la scelta -rivelata tre giorni fa- del ministro allo Sviluppo economico, Claudio Scajola, di rinnovare la Consulta per l’emissione delle cartevalori postali e la filatelia nonché la Commissione per lo studio e l’elaborazione delle cartevalori postali è stata una delle protagoniste alla cerimonia inaugurale di “Milanofil”.
Lo stesso rappresentante del Governo, nel suo videomessaggio, ha detto che la Consulta “aveva bisogno di essere meglio programmata per portare diverse esperienze in favore del made in Italy. I nuovi organismi daranno un alto salto di qualità”.
Ma in sala non sono mancate le perplessità. Il presidente dell’Unione stampa filatelica italiana, Danilo Bogoni, si è detto “esterrefatto, meravigliato e per un certo verso offeso”, in quanto è l’unico giornalista rimasto nella struttura. Una situazione che considera “incidente di percorso”. In una raccomandata inviata subito allo stesso ministro, ha precisato che “questa volta l’Usfi non è stata consultata e non risulta rappresentata -come avveniva fin dalla sua fondazione, è cioè dagli anni Settanta del secolo scorso- dal presidente, dal vice presidente, dal segretario e da soci particolarmente impegnati nel campo dell’informazione. Nessuno dei giornalisti Usfi presenti nelle precedenti Consulte è stato confermato. Così come non è stato chiamato nessuno dei più giovani soci che garantiscono una informazione filatelica nel web”.
Anche il rappresentante dell’Associazione filatelisti italiani professionisti (nonché presidente della Borsa filatelica nazionale), Sebastiano Cilio, ha fatto notare che tra i componenti non figura un rappresentante del catalogo Unificato, nel settore “la quinta potenza editoriale a livello mondiale”.
Sei i rappresentanti della Federazione fra le società filateliche italiane, ha ricordato il presidente della stessa, Piero Macrelli. Prima erano due: “spero, penso che sia l’apprezzamento per le cose che facciamo, filatelia giovanile compresa”. Si impegneranno -ha garantito- per monitorare meglio gli argomenti trattati e limitare a quaranta le emissioni annue. Anche se, andrebbe aggiunto, quello che importa non è tanto il numero delle emissioni, ma quello dei francobolli, ed eventualmente del loro valore nominale.