Chi l’avrebbe detto che la serie ordinaria di Corrado Mezzana emessa il 20 ottobre 1950 e criticata poiché, sostanzialmente, non rispecchiava più la realtà di quando raggiunse gli sportelli, una sessantina d’anni dopo sarebbe diventata la base per un’attività espressiva?
A firmare quest’ultima è stato Francesco Giuliani, docente liceale e contrattista di Letteratura italiana contemporanea presso l’Università di Foggia. Ha utilizzato i diciannove esemplari dell’“Italia al lavoro” per scrivere altrettante prose legate alle regioni di allora. È “La fucina, la vendemmia e il legname” (64 pagine con illustrazioni a colori, 10,00 euro, Edizioni del rosone). Richiamando nel titolo il taglio minore della serie, cioè il 50 centesimi, il 30 lire dedicato alla sua Puglia, il valore più alto da 200 lire.
Ogni carta valore -anticipa l’autore- “riproduce un’attività lavorativa caratteristica, ma non esclusiva, di una delle regioni... I conti tornano, a dispetto delle apparenze, se solo pensiamo che l’Abruzzo e il Molise in quell’anno erano ancora uniti”.
Riviste oggi, quelle vignette “appaiono come l’ultima testimonianza di un’Italia tradizionale, prossima alla repentina scomparsa”. Molte persone di lì a pochi anni sarebbero finite nelle industrie del Nord o all’estero. Intanto, però, i dentelli “tessevano l’elogio di un mondo tradizionale, popolato da placide greggi e da lenti buoi di carducciana memoria, caratteristica, questa, che li rende ricchi di fascino e di suggestione. Sono, insomma, più vecchi di quanto realmente lo siano, visti i cambiamenti intervenuti nella seconda parte del Novecento, e intrinsecamente poetici”.
Il volume si completa con un racconto, “I francobolli di Didimo”, ispirato alla stessa passione per la filatelia.