All’interno di una cornice ottagonale figura lo stemma suddiviso in tre campi, comprendenti il simbolo di Napoli, ossia il cavallo sfrenato, l’emblema della Sicilia, vale a dire la Trinacria, ed i tre gigli borbonici. Così appare una delle sette cartevalori emesse l’1 gennaio 1858, le uniche utilizzate dalla casata per i domini di qua del Faro. Ponendole in ordine di nominale, è la terza quella che ha dato lo spunto allo studio, firmato da Antonello Cerruti, “I francobolli da 2 grana del Regno di Napoli”.
Come tutti gli altri valori dell’emissione -annota lo specialista- anche questo continuò ad essere usato per mesi dopo il debutto della serie per le Province Napoletane; l’ultima data fino ad ora conosciuta è il 12 novembre 1861. Complessivamente furono tirati 9.193.600 esemplari, organizzati in fogli da duecento. “Sono note numerose frodi perpetrate mediante il riutilizzo di francobolli già usati; non sono rare, ma rivestono un notevole interesse ai fini della storia della posta”.
L’obiettivo del lavoro, organizzato in 22 fogli con ingrandimenti a colori (25,00 euro), è esaminare le tre tavole da stampa impiegate, così da individuare le caratteristiche che differenziano una posizione dall’altra. Undici le sfumature di colore repertoriate, dal rosa chiaro al rosso mattone: per classificarle -è il suggerimento- occorre riferirsi alle parti in cui la tinta si addensa, piuttosto che nei tratti sottili dove appare più pallida e diluita.