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editor Fabio Bonacina

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Rocco Cassandri, Giuseppe Di Bella ed Antonio Ferrario fanno il passo in avanti: inquadrare le corrispondenze nel contesto dell’epoca per considerarle fonte storica primaria e diretta

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Tra il 1859 ed il 1860
Tra il 1859 ed il 1860

Un lavoro che dimostra quanto i filatelisti vadano oltre gli anniversari e, anzi, approfittino di questi per ridefinire le proprie conoscenze. Magari -com’è il caso in esame- per metterle insieme e costruire qualcosa di più completo. Quel qualcosa è “1860 Lettere dalla guerra d’Italia - Sulle tracce dei garibaldini”.

In 402 pagine “A4” con immagini anche a colori (50,00 euro), Rocco Cassandri, Giuseppe Di Bella ed Antonio Ferrario tornano alla spedizione dei Mille affrontandola non solo dal punto di vista filatelico. O, meglio, l’approccio collezionistico è integrato dallo studio di ciò che lo specifico documento riesce a narrare (non a caso, in appendice è riprodotta e trascritta una quarantina di reperti, tratti da due archivi). Una potenzialità che gli autori hanno ben presente, nel momento in cui annotano che quanti si occupano del settore postale “sono custodi imparziali del passato, perché analizzano elementi oggettivi della storia, documenti e materiali che non lasciano spazio ad opinioni personali”. Con tale spirito, affrontano il tema delle comunicazioni scambiate tra il Nord Italia ed il Regno delle Due Sicilie in quel biennio, compreso tra il 1859 ed il 1860, che portò all’Unità. La lente si è soffermata soprattutto sulle testimonianze dei volontari che seguirono Giuseppe Garibaldi. Molte delle loro epistole sono conservate presso istituzioni pubbliche, una parte è stata edita, altre attendono di essere “rianimate dallo spirito nazionale” ed altre ancora -quelle impiegate nell’opera- si trovano in mani private.

“Non è un catalogo né un censimento delle corrispondenze dell’epoca”, né contempla indici di rarità, precisa il presidente del Club della filatelia d’oro italiana, Angelo Teruzzi, qui nei panni di editore. I materiali “vengono utilizzati quale fonte storica in senso proprio”. Il libro suggerisce infatti un modo più completo di studiare le missive, leggendole dentro e fuori, “incastonate negli avvenimenti” e perciò “acquisendo la qualità di fonte storica primaria e diretta”.




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