È passato pressoché un anno da “Sicilia 2009”, la manifestazione di Palermo che ha voluto ricordare il secolo e mezzo delle cartevalori prodotte per l’isola, ma i “testoni” -il nome viene dal profilo di Ferdinando II che campeggia nelle vignette- continuano ad appassionare.
L’ultima iniziativa editoriale si intitola “Le collezioni della Fondazione Banco di Sicilia - I francobolli” e riprende uno degli insiemi più noti, articolato in 1.482 esemplari su 900 documenti e legato a quella che nel 1954 divenne la Fondazione per l’incremento economico, culturale e turistico “Ignazio Mormino”.
In 224 pagine a colori (38,00 euro), sotto la regìa del curatore Nino Aquila, viene analizzato e commentato non solo il materiale per i “dominj al di là del faro”, ma anche per quelli “al di qua”, ossia per l’Italia Meridionale, produzioni garibaldine comprese. Affrontando le fasi di preparazione, i singoli tagli, i falsi ed ancora altri aspetti.
L’esame, dettagliato, è anticipato da alcuni approfondimenti; affrontano il contesto che ha originato il tesoro, la situazione ottocentesca dei trasporti, le riforme del 1819 e del 1857-1858, le conseguenze sul servizio dopo lo sbarco dei Mille, l’arrivo delle affrancature sarde.
Il saggio apre un percorso che intende, nel futuro, documentare anche gli altri beni della Fondazione, come ceramiche e maioliche o dipinti e sculture. Nel caso del materiale postale -dice il presidente della stessa realtà, Giovanni Puglisi- la prerogativa economica va “oltre l’oggettivo valore della sua essenza collezionistica e si posiziona nella sua contestualità patrimoniale legata alla tradizione, prestigiosa e unica, del Banco di Sicilia”. Un impegno, quello conservativo, che diventa morale, “orientato a una funzione educativa e formativa, in particolare delle giovani generazioni, alla piena coscienza della propria identità culturale e al valore etico della propria storia”.