Mentre i tavoli tecnici tra ministero allo Sviluppo economico, Poste italiane e categorie proseguono per trovare una soluzione, e mentre ulteriori realtà... scoprono la scomparsa delle tariffe privilegiate, le associazioni no-profit (è l’altro grande colpito, insieme al mondo dell’editoria, dal decreto rivelato l’1 aprile) prendono l’iniziativa.
“Siamo di fronte ad un’aggressione alla libertà di espressione dei cittadini”. Cosi sì esprime il portavoce del Forum del terzo settore Andrea Olivero.
“Non sappiamo se il decreto del 30 marzo sia stato frutto di una colpevole disattenzione o di un disegno politico perverso, ma questo è un attacco che rischia di minare alle fondamenta la nostra possibilità di fare aggregazione sociale e quindi terzo settore: quello diffuso, partecipativo e basato sulla libera iniziativa dei cittadini”.
Il Forum rappresenta oltre cento organizzazioni nazionali di secondo e terzo livello -per un totale di oltre 50mila sedi territoriali- che operano negli ambiti del volontariato, dell’associazionismo, della cooperazione sociale, della solidarietà internazionale, della finanza etica, del commercio equo e solidale. Il provvedimento -dicono- “non taglia gli sprechi ma riduce gli spazi di democrazia e quindi di sussidiarietà, incidendo in maniera profondissima sull’essenza stessa delle nostre organizzazioni; dal momento che vivono solo del proprio autofinanziamento di fatto impedisce loro di parlare ai milioni di cittadini aderenti”.
Il tema è trasversale. “In questi giorni abbiamo ricevuto richieste di aiuto da parte di tantissime organizzazioni, comprese molte storicamente non collegate al Forum del terzo settore, come l’Azione cattolica, i Francescani, il Banco alimentare”. “E ancora: siamo in «campagna» per il 5 per mille. Come potremo comunicare ai cittadini ciò che facciamo?”.
Anche il presidente onorario di Mediacoop, Lelio Grassucci, ha sottolineato sia la gravità della situazione sia l’illegittimità di un provvedimento che lede il diritto all’espressione ed all’informazione. “I decreti interministeriali non possono variare una norma”. Grassucci si è espresso in maniera molto critica pure nei confronti di Poste italiane che ha adottato dall’1 aprile le tariffe piene “senza prevedere i canonici” trenta giorni di adeguamento a nuove norme.
Intanto, è stato annunciato il ricorso al Tar.