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editor Fabio Bonacina

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Contratto di programma, liberalizzazione, Autorità garante non sono che alcuni dei dossier in sospeso. Ed oggi i quattro rappresentanti di Futuro e libertà hanno presentato le proprie dimissioni

Pure l'ombra… postale si staglia su palazzo Chigi
Pure l'ombra… postale si staglia su palazzo Chigi

Anche dal punto di vista postale, quello corrente è un periodo impegnativo, sul quale è caduto il macigno del ritiro dalla compagine governativa dei quattro rappresentanti di Futuro e libertà, Antonio Buonfiglio, Roberto Menia, Andrea Ronchi e Adolfo Urso, quest’ultimo viceministro dello stesso dicastero allo Sviluppo economico, dove si è occupato di commercio estero.

Tra gli obiettivi vi è, infatti, il passaggio nelle commissioni parlamentari del contratto di programma sottoscritto l’11 novembre tra il ministro Paolo Romani, nominato al vertice con il decreto pubblicato in “Gazzetta ufficiale” il 6 ottobre, e l’amministratore delegato di Poste, Massimo Sarmi.

E non solo, visto che manca appena un mese e mezzo al fatidico 1 gennaio 2011, ultimo giorno utile per completare la liberalizzazione. Sempre che non venga richiesta (e da Bruxelles concessa, sebbene negli ultimi mesi abbia sollecitato Roma e altre capitali ritardatarie a provvedere per tempo) una proroga, come alcune voci danno per possibile.

Sul tavolo figurano ulteriori dossier scottanti. Come la creazione di un’Autorità indipendente dall’Esecutivo che monitori il comparto: nonostante i suggerimenti avanzati a febbraio dal garante dell’Antitrust, Antonio Catricalà, di affidare l’incarico all’Agcom, sembra che l’orientamento sia creare una struttura specifica. Della quale, però, nulla di ufficiale è stato rivelato: fonti specializzate danno come prossimo il decreto legislativo.

Senza dimenticare il controllo di Poste italiane: il 30 giugno è stato annunciato che anche il 35% del pacchetto azionario in mano alla Cassa depositi e prestiti passerà al ministero dell’Economia e delle finanze, ed ora sarebbero in corso le trattative per definire l’operazione.

E senza dimenticare la Banca del Mezzogiorno, voluta dal Governo e il cui avvio dovrebbe essere suggellato dall’acquisto, da parte di Poste e Icrrea holding, di Mediocredito centrale, attualmente in mano a Unicredit (gli ambienti economici indicano un possibile sblocco verso la fine di questo mese, mentre il progetto dovrebbe diventare operativo agli inizi dell’anno prossimo). Una strana scelta -ha commentato poco tempo fa sul “Sole 24 ore” Franco Debenedetti. “Mentre in tutto il mondo i Governi che nel dopo Lehman erano intervenuti nel capitale delle banche si affrettano a uscirne, il nostro Governo, che non aveva dovuto farlo nel momento del panico, compera una banca attraverso le Poste, che così diventano banca a tutti gli effetti. Mentre la Germania procede nella privatizzazione delle Poste, e lì l’acquirente è una banca privata, da noi la marcia è contromano”.

Anche il terzo mandato dello stesso amministratore delegato è verso il suo termine naturale (scadrà in primavera), e dietro gli sportelli si sono già scatenate le ipotesi: sarà riconfermato ancora una volta oppure verrà scelto un altro manager, con tutto quanto ciò implica?




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